Eremo di San Romedio
Le foto
17 luglio 2017

Ritrovo

Il sole è già al lavoro; il luogo del ritrovo di noi soliti noti Arcangelo, Clelio, Francesco, Orlando, Walter (lo scrivente) determinati a vestirci da pellegrini è la pasticceria di Montecosaro e, ciò, non è una stranezza ma è l’usuale abitudine, di gustare una allettante colazione offerta da Orlando, per iniziare il viaggio nel modo più dolce possibile. E’ lecito obiettare, non da noi, sullo scarso spirito pellegrino che impregna la compagnia ma, questa non è la “compagnia dell’anello(!!)”
Al grido, da prendere con beneficio d’inventario, “siamo pronti” un balzo in macchina e via verso Nord!
Il viaggio autostradale, da regolare, si fa spesso singhiozzante. Si parla del più e del meno tra “agguerrite” discussioni sugli eventi del nostro tempo. All’altezza di Verona, improvvisamente, scorgiamo del denso fumo dal retro di un TIR. Il passaggio dal fumo allo scoppio di un pneumatico posteriore e il suo rotolare incontrollato al nostro sopraggiungere è una frazione di secondo. Per nostra fortuna Arcangelo, alla guida dell’auto, forte della protezione dell’Arcangelo (non so se Michele o Gabriele), “miracolosamente” evita l’ostacolo. E’ questo “un segno” di protezione su noi pellegrini? In verità, con Arcangelo e Francesco siamo, per forza di cose, in una botte di ferro.
Ecco la valle dell’Adige: il fiume si snoda tortuoso tra numerosi vigneti distesi per tutto il piano fino ai primi terrazzamenti; graziosi paesi intorno all’immancabile campanile sono sparsi in modo armonico ai piedi delle verdi montagne.
L’effetto appagante della colazione è ormai un ricordo sbiadito. Lo stomaco bussa con insistenza per scuoterci dal torpore del viaggio reclamandone la giusta attenzione. Perentorio è focalizzare lo sguardo all’avvistamento del cartello raffigurante espliciti “utensili” incrociati tra loro: ovviamente forchetta e cucchiaio. La sorpresa non gradita dell’attuale tratto autostradale, direzione Nord, è l’intercettazione di solo tazze fumanti. Non importa, usciamo a Mezzocorona e forti dell’infallibile (quasi) tecnologia in nostro possesso ci facciamo guidare verso il più vicino ristorante periferico della menzionata località. La voce metallica in uscita dallo smartphone avverte che fra un’ora il ristorante verso cui siamo diretti chiuderà l’attività diurna. Arrivati, oh no! chiuso per turno. Rapidamente puntiamo, non a piedi, ad un altro punto di ristoro mentre la voce metallica incalza beffarda: “fra mezz’ora il ristorante chiude”. Arrivati, oh no! chiusura per ferie. Basta con la tecnologia, il tempo stringe, a tutto gas verso il centro dell’abitato affidandoci al nostro fiuto di antichi sapori. Nella piazza della chiesa, graziosa, deserta, assolata il ristorante salvifico. Seduti ad un tavolo dell’agognato ristoro ammiriamo uno scenario interessante offerto: dalla facciata della cattedrale illuminata da un sole accecante; da edifici ai lati della piazza ben curati, ornati da rigogliosi vasi floreali; da un’alta parete rocciosa a picco al limitare della cittadina dove piccole cabine colorate, appese ad un filo, salgono e scendono l’asperità come formiche. In questo idilliaco scenario rintoccano le 2 p.m. dal campanile corredato di un bell’orologio; il tempo scandito viene diffuso tutto intorno quando, in un servizio premuroso, apprezziamo il buon pasto reso ancora più interessante dall’ottimo prezzo.
Rifocillati, riprendiamo la strada carrozzabile. Si materializzano sempre più, ordinate e curate, coltivazioni di meleti disseminate su una miriade di piccoli appezzamenti; siamo nella valle di Non, i filari del prezioso frutto ci accompagnano fino a Sanzeno dove è ubicata la basilica dei SS. Martiri nostra odierna prima meta.
La basilica ricca di storia secolare è il fulcro della cristianità di queste valli. Il sito è il luogo ufficiale di partenza del cammino d’Anaunia. Veniamo meno a tale perentorietà poiché il nostro rifugio, della notte ormai prossima, dista dalla basilica due/tre chilometri in direzione Nord-Ovest. Da questo luogo di culto, ci trasferiamo al parcheggio del Museo Retico di Sanzeno per incamminarci sul sentiero che, in circa 40 minuti, permette di raggiungere l’eremo di San Romedio, meta finale del cammino d’Anaunia da percorrere in tre o sette tappe, come descritto nel portale del sito ufficiale: la variante da noi adottata è quella di percorrere solo le prime quattro tratte con obiettivo Cles.

Sanzeno
Museo Retico – San Romedio

Raggiungiamo San Romedio seguendo un singolare sentiero: parte di esso è scavato nella roccia lungo il tracciato dell’acquedotto. Originariamente il percorso era una vera e propria ferrata, messo poi in sicurezza da una protettiva e solida staccionata di legno sul lato a valle. Percorriamo il tratto roccioso assumendo una postura a “torto collo”, da non confondere con “obtorto collo”, che crea apprensione a chi non appartiene alla tribù dei pigmei.
L’eremo svetta su una forra; dal suo punto più alto, terrazza a pianta triangolare, il salto è di 99 metri. La terrazza è alla sommità di cinque chiese, costruite una sull’altra in vari periodi storici, collegate da una scalinata di 130 scalini che inizia dal cortile d’ingresso. Su una di esse ricca di affreschi sia alle pareti che al soffitto, nel momento del nostro passaggio, un frate francescano officia la messa vespertina in una atmosfera di particolare spiritualità.
         Sopra l’architrave di una porta centenaria, affacciata alla scalinata, la nostra attenzione è catturata da una scritta, composta da due frasi separate dall’affresco di un volatile non ben identificato, che così recita:
”per vivere … figura del volatile ... non per mangiare”
 E’ un messaggio di valenza spirituale? Il dubbio, per qualcuno di noi!
         La giornata è agli sgoccioli, è tempo che ci presentiamo all’agriturismo “I Colori” base del nostro pernottamento. La struttura è nuovissima, accogliente, prefabbricata,  tutta in legno, ben coibentata sotto ogni aspetto, antisismica e ciò è un buon segno vista la nostra provenienza. Da segnalare la cortesia e simpatia dei gestori che con entusiasmo hanno intrapreso questa attività di “hospitalero”.
Dopo la cena, consumata nel ristorante ubicato due minuti a piedi dal nostro rifugio, bivacchiamo sulla veranda dell’agriturismo gettando sguardi: alla valle dominata dai meleti; al cielo, prateria di brillanti stelle. Con curiosità ed interesse  veniamo eruditi dal proprietario sull’intero ciclo produttivo delle mele: tecniche di coltivazione, protezione, raccolta, conservazione e distribuzione. Siamo nella Val di Non, i meleti sono l’oro di questa terra. Dopo un brindisi, ovviamente con verace succo di mele, non rimane che augurarci la buona notte.

Riflessione doverosa

         Oggi abbiamo raggiunto e visitato la meta del pellegrinaggio che inizieremo domani mattina; ciò sembra una evidente contraddizione ma, se nella ruota della vita, ogni inizio ha una fine e un ritorno all’inizio, allora la meta finale è anche l’inizio del  cammino ricalcando così il senso della vita. Perciò la gioia del pellegrino è sempre una scoperta anche se la strada, in ogni tempo identica nella forma, al passo segue sempre un altro passo, è diversa nella sostanza coniugando così il nostro essere