Isola del Liri
Le foto
14 luglio 2016: Casamari - Roccasecca 35,1km

Di primo mattino, da intendere con beneficio d'inventario, ci catapultiamo all'abbazia di Casamari, come già detto in stile gotico, per ammirarne i suoi tesori d'arte. Così, malgrado il sempre buon proposito d'incamminarci per tempo per cogliere il relativo fresco mattutino, siamo in ritardo più del solito. Prima di aver mosso con decisione i primi passi del giorno, per la prima volta dall'inizio del peregrinare abbiamo un contatto del "secondo tipo" con due pellegrine anch'esse in procinto d'involarsi; il secondo ed ultimo contatto del "terzo tipo" si materializzerà con due non più giovani raminghi, bardati in fronte con una fascia alla John Rambo, nel cortile interno dell'abbazia di Montecassino meta finale dell'intero percorso di San Benedetto. Ci addentriamo nella valle del Liri e la prima località incontrata in questa odierna marcia è la città "Isola del Liri". Nell'avvicinamento superiamo un cartello che marca lo storico confine tra Stato Pontificio e Regno Borbonico. La particolarità di questa cittadina adagiata nell'omonima valle è la presenza, proprio nel centro abitativo, della cascata del fiume Liri presa come spunto dal datato Carosello televisivo. Isola del Liri è sì in pianura ma, appena l'abbandoniamo nel caldo del mattino già adulto, ci sbatte in faccia una lunga e ardita salita che, a solo guardarla, fa venire un "tremor di polsi". Difatti, una signora motorizzata, spinta da compassione, si arresta un attimo per offrire un passaggio ma noi indomabili viandanti lo rifiutiamo ringraziandola e poi, per qualche secondo, abbiamo temuto di dover spingere l'auto che stentava a risalire questa erta. La ricompensa all'arrivo in quota, posto sul colle della frazione Carino, è il godere della vista gettata sulla media Valle del Liri, circondata dai monti Ernici con al centro la città di Sora. Pochi chilometri ancora ed ecco Arpino, luogo natale di Cicerone immortalato da una statua bronzea nella piazza centrale della cittadina. Il direttore, responsabile o meglio impiegato della pro loco di Arpino ci intercetta sulla piazza a pochi passi dalla statua di Cicerone. In quanto ad eloquenza non ha nulla da invidiare al più illustre dei nativi del borgo, tiene duro per descriverci le meraviglie del luogo, raccontare aneddoti sui personaggi famosi del recente passato prossimo figli di questa area "metropolitana". Insiste per immortalarci con lo sfondo del suo ufficio tappezzato da una miriade di locandine pubblicitarie però, per noi pellegrini, la notizia più entusiasmante è quando ci indica a 50 metri la presenza della trattoria a gestione familiare "Antichi Sapori", dove si mangia bene e si spende poco: allora all'assalto di maltagliati, fagioli e altro; sospirata birra e acqua a volontà. E' tempo di lasciare questo delizioso avamposto. Orlando confabula con la ristoratrice e, di contempo, si associano alla discussione tutti gli avventori della locanda. Il pellegrino cerca certezze sulla giusta via da qui a Roccasecca, elencando i luoghi di passaggio per capire se è possibile usufruire di qualche scorciatoia. Nello snocciolare la sequenza di località, la locandiera, prima sorridente, fa poi trapelare in volto segni di preoccupazione per la difficoltà del percorso fino ad assumere un colore etereo. Interviene un cliente originario del luogo; consiglia di informarci dal più esperto escursionista della zona che gestisce una trattoria-pizzeria all'uscita del paese, tre/quattro isolati più avanti. L'esperto chiamato in causa, dopo una fitta discussione, taglia di gran lunga le nostre aspettative. E' possibile evitare di arrampicarsi all'acropoli, però siamo comunque obbligati a risalire il borgo fino alla sua parte alta dove svetta un campanile ben evidente. Prima del congedo, solleva qualche dubbio sulla possibilità di raggiungere Roccasecca ma, per un compassionevole conforto, aggiunge che in questo periodo dell'anno le giornate sono molto lunghe!! Agganciato lo zaino alle spalle è tempo del primo balzo verso la meta. Giunti alla meno peggio sulla cresta di una montagna, lastricata nel versante Sud da una miriade di pannelli fotovoltaici, occorre ridiscenderla con un salto di seicento metri seguendo un passaggio che più di una serpentina si srotola per decine e decine di serpenti disposti uno dietro l'altro. Durante la discesa vediamo giù nel basso, che sembra non avere fondo, l'orrido delle gole della Melfa. La strada di fondo valle è ora sotto le nostre suole. L'orrido è il letto di un fiume in secca che costeggiamo seguendo la ex via borbonica, ora ristrutturata e denominata strada della memoria, fino a raggiungere Roccasecca. Cammina cammina ma questa gola sembra non aver fine, lo scorrere del tempo è sempre più tiranno. Il sole è già scomparso e la luce del giorno tende ad affievolirsi. Di colpo due podisti vengono dalla direzione opposta alla nostra; il paese allora deve essere proprio vicino! Da lì a poco dei ciclisti ed ancora podisti: la fiducia, in noi, rifà capolino. Quando i primi due podisti, nel loro ritorno, ci affiancano, al volo chiediamo quanto manca per il paese dove dobbiamo albergare per la imminente notte. Per Roccasecca due/tre chilometri, però non ci sono alberghi! Ma come, replichiamo, abbiamo prenotato alla "Locanda del Castello"! al ché il podista divertito, con accenno di sorriso aggiunge: è vero, la locanda è a due chilometri dal centro del paese, sul borgo alto ai piedi del castello! Dal centro cittadino raggiungiamo la locanda percorrendo altri due chilometri in salita con cento metri di elevazione di cui non si sentiva nessunissima necessità. Quindi, ripidi scalini per portarsi al suo ingresso ed altri scalini prima di stramazzare, accasciarsi, buttarsi sopra il letto che comunque esso sia, bello, brutto, stretto, largo, comodo, scomodo "sempre caro è!" Quanta fatica per questa cena, servita con semplice raffinatezza sul terrazzo-balcone con vista sulla cittadina di Roccasecca, addobbata a festa, con lo sfondo dell'ampia e ridente vallata; la domanda è: ne valeva la pena? Ciao, a domani.