Panorama di Subiaco
Le foto
Introduzione al diario
I borghi attraversati non hanno molti abitanti, però sono abbastanza estesi, e la grande densità di case appoggiate l'una a l'altra è testimone della presenza di una significativa popolazione nel recente passato. Graziosi, abbarbicati, con costruzioni prevalentemente di pietra e tufo, guardano ampie valli verdi con dominanza di piante di olivo circondate da colline e monti ricchi d'acqua dove, principalmente, pascolano cavalli e pecore. Una sobria ricchezza è abbastanza diffusa e scarsi sono i segni di povertà; gente gentile che sembra assaporare il tranquillo scorrere della vita. Il presente pellegrinaggio accomunato con la fatica soffre della penuria di simpatici aneddoti degni di nota offerti da Francesco, il poliglotta, causa la pochezza di opportunità offerte dalla patria terra. Orlando, lo stoico, malgrado le ferite ai piedi non perde un passo: la sofferenza è il suo pane quotidiano. Io sottoscritto, Walter, da sempre il più fotografato, sono meno presente nelle foto rituali: ho perso l'appeal? Clelio, fotoreporter ufficiale, rimpiange l'acquisto di un più professionale strumento di lavoro e così, affida spesso il lavoro fotografico all'esploratore Arcangelo.

 

11 luglio 2016: Traferimento a Subiaco

Nelle prime ore del giorno saltiamo sul "pony express", ovvero treno locale, per raggiungere Subiaco, luogo di partenza del nostro essere peregrini sulle orme di San Benedetto da Norcia per raggiungere l'Abbazia di Montecassino, luogo di sepoltura del Santo stesso. Nella seconda tratta del percorso ferroviario, dopo il cambio di cavalli e carrozza, dalla stazione di Pescara il treno, con la forza della calma per il piacere dei nostri occhi, si dirige verso l'interno dell'Abruzzo risalendo la montagna, regalandoci così l'interessante vista della valle appena superata dominata dalla città di Sulmona. Il "segno", che il più attento di noi pellegrini rende noto a tutti, è che oggi cade il giorno di San Benedetto; sarà una caso ma noi, pellegrini in prestito, siamo in viaggio per affrontare il cammino "Benedicti" dedicato al Santo. Brevi sono le soste nei paesi attraversati; paesi incastonati in un ambiente di atmosfera ben diversa da quella che si respira negli agglomerati costieri, soprattutto in questo periodo estivo. Il binario è unico, così il nostro "pony" deve fermarsi in uno slargo provvisto di una doppia via ferrata per permettere il passaggio del convoglio che, in senso contrario, intravvediamo scendere dalla montagna. Il controllore dei biglietti svolge anche il ruolo di capostazione e chiude un occhio, mentre a noi chiede di pazientare e tappare il naso, per concedere un passaggio gratuito ad un personaggio del luogo che si sposta con tutta la sua mercanzia da un paese all'altro in questa aspra terra. Le pale eoliche disposte sul crinale della catena montuosa annunciano la piana del Fucino, ancora un breve lasso di tempo di lento avanzare prima di guadagnare la stazione di Mandela-Valle Aniene. Dal fresco del vagone saltiamo sulla banchina sotto il sole a perpendicolo. Ci troviamo nell'intercapedine che separa il nostro treno da altri carri ferroviari fermi sull'adiacente rotaia. Uno sguardo a destra, uno a sinistra … nessun sottopasso e nemmeno l'ombra dell'edificio della stazione a conferma di essere "sbarcati" nella corretta destinazione come da programma. Siamo al centro di un quadrilatero, chiuso su due lati dai vagoni e aperto, sugli altri due, verso il verde di piante sposate alla montagna. Per la miseria, se il treno riparte cosa facciamo in questa landa desolata? Il primo pensiero è quello di risalire in carrozza e raggiungere una località più ospitale. Ogni timore viene fugato appena il convoglio riprende la sua corsa aprendo alla nostra vista la piccola stazione. Il solito cartello ammonitore: "divieto di attraversare i binari", blocca la nostra avanzata verso l'edificio non essendoci nessun sotto o sovrappasso finché non scorgiamo un addetto alla locale manutenzione attraversare i binari in un punto dove, seminascosta allo sguardo, è posta una passarella di legno al livello dei binari stessi. E' da poco passato mezzogiorno, il sole non bada a spese, riversa tutto il suo avere su di noi alla ricerca del riparo offerto dal "centro" di ristoro nella stazione. Qui vendono i biglietti del pullman per Subiaco; al momento dell'acquisto chiediamo l'orario di partenza e la risposta del gestore è di decifrarlo, con esercizio di orienteering, dal cartello affisso nella bacheca alle nostre spalle, affermando poi di aggiungere una mezz'ora di tempo all'orario della fermata precedente all'attuale punto di salita!! Rassegnati, ma pronti ad affrontare un'attesa di durata casuale ecco, con sorpresa, il nostro mezzo di trasporto, si ferma e … non appena riusciamo a fatica, per l'ingombro degli zaini, a salire sugli scalini del pullman, l'autista riparte con rapidità come allo "start" di un Gran Premio di formula 1. Veniamo sballottati da un sedile all'altro mentre cerchiamo di obliterare i biglietti; abbandonati gli zaini nel primo spazio utile ci "leghiamo" ai sedili nel frastuono metallico dovuto agli ammortizzatori ormai scarichi tra sedili sbullonati che in curva si sollevano come quelli di una giostra a catene sotto la spinta della forza centrifuga. Con preoccupazione, mista a meraviglia, ci guardiamo mentre questo catorcio motorizzato affronta curve pericolose su strette e trafficate strade tra sorpassi, arresti, brusche ripartenze, fermate per far scendere passeggeri che modificano istantaneamente l'espressione del proprio viso in felicità. Ma questo autista, grida Clelio, è meglio di "Vettel"! perché non viene ingaggiato dalla Ferrari?
Ce l'abbiamo fatta, il suolo di Subiaco è sotto le nostre scarpe.