Le foto
12 settembre 2020: sulla via del ritorno

A metà mattinata siamo nella piazza della città medievale vescovile di Bressanone. Sulla piazza del duomo si affaccia l’omonima cattedrale barocca ricca di affreschi, dedicata a Santa Maria Assunta è una dei più importanti monumenti artistici, architettonici dell’Alto Adige. Nelle vicinanze alla sua destra il chiostro romanico-gotico con volte tutte affrescate. Sempre nelle vicinanze ma a sinistra la torre bianca gotica. Le tante bellezze le ammiriamo con interesse. Allo stesso tempo esse offrono il fianco a scatti fotografici compulsivi. Quando è il momento del congedo chiedo al primo fotografo del gruppo di essere immortalato, ma con mio disappunto lo spazio di memoria di archiviazione delle foto è esaurito. Benissimo! ma non troppo, allora in macchina per raggiungere, come da programma, una chiesetta e chiudere così il cerchio del cammino. Dalla cappella di Loreto del primo giorno alla chiesa di San Giacomo alla Mara, cinque chilometri più a Sud. Non è stato semplice raggiungerla. È collocata al termine di una deviazione senza uscita che si stacca dalla stretta via che risale la collina. Questo luogo di culto è dedicato al patrono dei pellegrini. Con circospezione entriamo all’interno. Sulla volta è raffigurato l’Agnello di Dio circondato da sedici stemmi, e nel presbiterio l’affresco della leggenda di San Giacomo. La difficoltà della ricerca è ben ricompensata. Per fortuna ha prevalso in noi il “cerco e ammiro” piuttosto che “non trovo e passo”. Visto che ci nutriamo ancora dello spirito pellegrino, un ultimo richiamo prima di lanciare l’automobile sul serpente autostradale. Altri dieci chilometri per raggiungere Chiusa. Suggestivo borgo della valle dell’Isarco. Il centro storico della città di Chiusa è sovrastato dalla rocca di Sabiona. Parcheggiamo alle porte della via pedonale dell’abitato. Dobbiamo affrontare la salita della via Crucis che dal paese sale fino al monastero della rocca con un percorso di ottocento metri e un dislivello di duecento metri. Visto che siamo al mezzodì e la giornata è molto calda, illuminata da uno splendente sole, Luisa ci aspetterà in questa zona mentre noi ci recheremo al monastero. In sincerità non avrà tempo di annoiarsi. Diletterà l’attesa gustando un più che esuberante trancio di strudel prodotto e lì venduto dallo stesso artigiano nel suo angolo adibito al ristoro. Percorriamo a piedi la via centrale per soli pedoni fino a raggiungere un arco di pietra che si apre su una scalinata a gradoni. Inizia l’ascesa. Sono necessari all’incirca venti minuti. L’unanime giubilo è quello di non essere schiavi dello zaino. Finalmente entriamo nella rocca attraversando un arco, sempre di pietra, del muro di cinta. Sabiona è ora un monastero di suore benedettine di clausura mentre in un passato abbastanza remoto fu sede vescovile trasferita poi a Bressanone. É uno dei monumenti più importanti della valle dell’Isarco e definito l’Acropoli del Tirolo. Volgendo all’arrivo lo sguardo all’imponente costruzione, alla sottostante valle e alla catena dei monti che girano a trecento sessanta gradi, comprendiamo che la camminata ne valeva proprio la pena. Di chiese ne abbiamo viste già tante, ho perso perfino il conto, non siamo al “settanta volte sette” ma il numero è significativo. Qui vi sono quattro chiese di cui tre visitabili. Quella di Santa Croce nel punto più alto della rupe presenta un grande spazio a pianta quasi quadratica occupato dalla chiesa meridionale; due scalini la separano dalla chiesa settentrionale, praticamente riducibile al solo abside, dove era custodita la tomba del Santo e Vescovo Ingenuino. Di questa chiesa, eretta nell’area in cui si trova il convento, colpisce la luminosità delle volte, dipinti ed abside affrescate. Di corsa riprendiamo la via Crucis a ritroso. Pochi metri al di fuori dell’arco d’ingresso a questo fortilizio incontriamo una coppia giovane ma non giovanissima insieme ad un signore di una certa età che arranca, ma non molla la risalita dell’ultimo strappo. Con nostra meraviglia, il giovane afferma che l’anziano è suo padre e ha la non indifferente età di novantaquattro anni. Lo stupore di Francesco è tanto da sentirsi risollevato nello spirito e soprattutto nel fisico. “C’è ancora speranza!” Come sempre lo stomaco reclama la sua parte prima di gettarci sulla via del ritorno. Ecco il simpatico scambio di messaggi tra Francesco e Clelio, pellegrino in stand by. Francesco invia una foto con vista Sabiona accompagnata dalla didascalia: “prima si va in cielo con la via Crucis a 745 metri” e, a seguire, una ulteriore foto il cui soggetto è un trancio di dolce con didascalia: “poi siamo scesi a terra con mezza porzione di strudel”. Clelio incredulo e sorpreso risponde: “un po' poco per recuperare ...”. Al che Francesco conclude: “bè prima eravamo passati al ristorante per un piatto di fusilli al cervo”. Anche questo è il bello del pellegrinaggio.
Non rimane che chiudere il diario. Il motore è acceso, il “razzo” è pronto a penetrare lo spazio. Allora mi concedo di parafrasare le parole del comandante della missione spaziale Apollo 13 rivolte al suo equipaggio, negli istanti precedenti l’impatto della navicella con l’atmosfera terrestre:
“pellegrini!
È stato un piacere avervi come compagni di viaggio.”