Visita al Santuario di Montserrat
La mappa
Le foto
14 luglio 2015
Avvicinamento: da Barcellona - Montserrat - Jaca
Oggi ci sentiamo più pellegrini ma non ancora con lo zaino in spalla. Presa un'auto in affitto, la nostra prima tappa di viandanti motorizzati è il raggiungimento e l'ascesa al monastero di Montserrat. Forse non è un caso, ma il piccolo peccato di “pellegrini in carrozza”, viene punito con indulgenza facendo impazzire il GPS del navigatore Clelio instradandoci in direzione Sud anziché Nord, ritornando a funzionare correttamente dopo alcuni minuti e, nonostante i trenta km percorsi in più, come programmato intorno alle 11.00 eccoci a Monistrol, paesino ai piedi del massiccio roccioso dove nel suo cuore, incastonato sulla parete sotto la sua sommità, si erge l'edificio del monastero benedettino. Il monastero è raggiungibile con trenino a cremagliera e/o una datata funivia panoramica che in cinque minuti porta al cospetto dell'imponente struttura che lascia meravigliati.
Nel chiostro antistante l'ingresso della Basilica siamo testimoni di un rito pagano che consiste nello stare in piedi, scalzi al centro di un anello con le mani alzate al cielo (chissà perché!!) e chiaramente essere immortalati da click a mitraglia. Solo uno di noi pellegrini di cui non è opportuno svelare il nome si presta a questo rito “sciamano”. Alla sinistra dell'ingresso c'è il cammino dell'ave Maria con nicchie scavate nella roccia dove vanno depositati i ceri votivi. Sempre restando nel cortile, alla destra dell'entrata del luogo di culto si snoda una fila corposa, per fortuna all'ombra del porticato del chiostro, per raggiungere e sostare giusto il tempo di sfiorare con mano la statua della “morenita” Madonna con bambino “Santa Maria di Monserrat” posta nella cripta. La cripta non è in un sotterraneo ma è visibile all'interno della chiesa al centro di una struttura monumentale che ricorda un tabernacolo posizionato al centro dell'abside con ai piedi gli scanni del coro; nel cuore del tabernacolo la cripta della Madonna guarda il portone della basilica che immette nella navata centrale. I “veri” pellegrini si sottopongono al giogo dell'estenuante fila ma, in questo caso, noi non ci annoveriamo tra loro e scegliamo ciò che è più comodo, forti della motivazione teologica che Arcangelo dà come giustificazione.
Sotto un infuocato sole per non perdere o meglio iniziare ad adattarsi a ciò che ci attende ci regaliamo una passeggiata di circa un'ora per raggiungere la croce di S. Michele dove lasciare andare lo sguardo tutto intorno verso la sottostante vallata. Non rimane che saziarsi con un gelato, sempre più che buono prima di riprendere il cammino … pardon il viaggio in macchina.
Gli incroci di orari e luoghi scorrono secondo la roadmap. Nel pomeriggio, consegnata l'auto a nolo nella città di Huesca sotto una calura di 39°C, saltiamo sul pullman per raggiungere la cittadina di Jaca al centro del parco naturale dei Pirenei. Qui, al grande affollamento di turisti si mescola qualche “ramingo” che vaga alla ricerca di un giaciglio per passare la notte in modo più rassicurante. Un pellegrino vedendo noi con zaino in spalla armeggiare con la mappa della cittadina, ci chiede se sappiamo dove è possibile trovare un alloggio: “certamente! abbiamo prenotato delle camere all'Hotel” è la nostra diretta risposta; disgustato si allontana rapidamente senza augurarci l’usuale “buon cammino” come si conviene tra “peregrinos”.
Nel giro turistico per la festosa cittadina, brulicante di tranquilla umanità, dopo una breve visita alla chiesa di San Pedro ci imbattiamo nella via che rianima il nostro corpo: via ricca di vari ristoranti affollata da tavoli all'aperto pronti ad accogliere noi “affamati ed assetati”. Da chi farci catturare? Dal ristorante argentino che seduce con la specialità delle bistecche della sua terra o da chi mostra “menù del día” ad un modico prezzo? Arcangelo non ha dubbi, il menù del giorno va bene perché c'è la pietanza “longariza...” che interpreta come bistecca di maiale. Forse di maile si tratta, però ci viene servito un salsicciotto (lungo come una biscia) di carne non bene identificata e, facendo buon viso a cattiva sorte, ci consoliamo così: “però non è male”, ovvero è mangiabile! Sazi, ma non soddisfatti, andiamo a zonzo per la cittadina alla ricerca del segnale” freccia gialla” e/o “conchiglia” che indicano la direzione da seguire per il cammino Aragonese. Questa indicazione in spagnolo è nota come “flecha amarilla“. Nella ragionata ricerca, percorrendo una strada in penombra, Francesco s'imbatte in una giovane coppia intenta ad entrare nello stabile prospiciente, senza un minimo di pudore chiede alla ragazza, pronta a soddisfare la sua sete di conoscenza, “donde è la freccia yellow?”: mirabile esempio d'integrazione linguistica! Ciao, a domani.