Visita al Santuario di Montserrat
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15 luglio 2015
Jaca - Pardina del Solano 32km
Il percorso odierno è per la gran parte abbastanza pianeggiante con lunghi rettilinei demoralizzanti, chiaramente assolati e nessuna nuvola fa da berretto. Doveva essere una tranquilla passeggiata ma, l'impossibilità di trovare una qualunque sorgente d'acqua per 15km, la rende alquanto impegnativa. Raggiunto il grazioso e deserto borgo di Santa Cilia, una magica fontana del pellegrino soddisfa la sete dando refrigerio dalla calura dell'inoltrato mezzodì; all'uscita c'imbattiamo in un'oasi di verde con piscina e chiosco bar; in mancanza di altro ci accontentiamo di pranzare, per adesso, con un gelato. Non possiamo fermarci, la strada è ancora lunga, armati di coraggio continuiamo il cammino incuranti dell'infuocato ambiente. Intorno alle 14.30 attraversiamo un lungo ponte di collegamento dalla nostra posizione al borgo Puente la Reina di Jaca sperando di trovare ristoro, mettere qualcosa sotto i denti, ottenere un po' di frescura al riparo dal cocente sole e soprattutto abbeverarsi come cammelli. Eureka! al secondo tentativo un già affollato ristorante-bar risolve i nostri problemi con abbondanza di fresca acqua, seguita da una grande birra nella degustazione di una refrigerante insalata mista ma, oggi, con accortezza ricorriamo al traduttore per schivare la “Longariza...” catturando il piatto: carne di vitello ai ferri. Piacevole è la sosta, però occorre riattivare il lento movimento verso la meta giornaliera. Oggi e in parte anche nelle tappe a venire il cammino costeggia il rio “Aragon”, nome che richiama la fantastica avventura della “compagnia dell'anello”. Siamo ora noi la compagnia dell'anello? Compagnia del cavaliere Aragorn figlio del re Arithorn, dell'elfo Legolas ... guardando i compagni di avventura non vedo niente di eccitante e romantico ma solo un manipolo di pellegrini che non suscita particolare emozione e per dirla alla Clelio “siamo solo una compagnia di brutti ceffi!”. La strada sale tra sentieri al limitare del bosco senza offrire nessun riparo e così ritorna l'arsura. Il paesino di Arres arroccato su un mini cucuzzolo ci regala una fontana da cui attingere la desiderata linfa per affrontare gli ultimi chilometri fino all'azienda agricola “Pardina del Solano”, nostro odierno rifugio. In Arres, a qualche metro di distanza dalla fontana, fa mostra la bella facciata in pietra grezza dell'Albergue del pellegrino e da lì, qualche istante dopo la sosta, si materializza “l'hospitalera” che ci offre camere per la notte; purtroppo decliniamo l'invito avendo già prenotato presso la suddetta azienda agricola alche, l'hospitalera, con tono speranzoso chiede se dietro di noi vi siano altri pellegrini. Scesi a valle percorriamo una lunga “carrareccia” imbiancata con ai lati campi di grano già mietuto. Da notare che la costante di quasi tutto il percorso é il costeggiare di distese di grano che ci pone questo dubbio: “è forse la Spagna il granaio d'Europa?”. Con sostenuta velocità sopraggiunge un mezzo agricolo al transito del quale la strada viene avvolta da una densa nuvola di polvere costringendoci ad un fuggi fuggi verso il centro del terreno adiacente. E' da prima di guadagnare Arrres che ci interroghiamo se l'azienda agricola cercata è quella a sinistra o a destra del bivio tra il sentiero che scende a valle e questa diritta, lunga e polverosa strada di fondovalle; forti delle nostre triangolazioni geometriche sulle mappe a disposizione abbiamo girato a sinistra. Stiamo dicendo “ci siamo” quando improvvisa si alza una nuova nuvola di polvere per il sopraggiungere di un'auto. Al conducente chiediamo se è giusta la direzione per la nostra meta; più che il gelo avvertiamo una vampata di fuoco sentendoci dire che la via giusta è nella opposta direzione da percorrere per un paio di km. Fortuna vuole che una seconda auto si accoda alla prima e il nostro interlocutore, nel dubbio, scende per chiedere conferma al secondo conducente, il quale indicando con il dito alcuni casolari più avanti libera in noi un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. Prossimi all'azienda, sulla cancellata che si affaccia su questo sentiero del cammino di Santiago, scorgiamo la figura di una signora (proprietaria dell'azienda) che ci sta aspettando perché informata dai summenzionati autisti. L'azienda ha una struttura quadrata con un bel cortile interno su cui si affaccia sia la dimora dei proprietari sia le abitazioni ad uso degli ospiti di questo B&B. All'esterno del quadrilatero a distanza di pochi metri una stalla con annesso recinto in cui stazionavano cavalli da sella. Francesco ormai respira a pieni polmoni l'aria spagnola e si esprime con sempre più facilità nell'idioma della terra calpestata. Dà a Clelio delle spiegazioni usando con disinvoltura il catalano mentre, stranamente, alla signora si rivolge in inglese; ma! Boh! Dopo la “stradesiderata” doccia con bella e dolce acqua che cade fredda in testa e, a detta di Orlando, diventa calda quando arriva ai piedi, appena lindi e puliti la signora ci chiama per la cena che ci serve in una ben imbandita tavola al centro di una tipica sala comunicante con la propria abitazione. Insalata mista, coscette di pollo cotte alla birra, dolce catalano, boccali di birra, bicchieri di vino, damigiane d'acqua, tutto viene consumato fino all'ultima briciola e goccia liquida. Durante la cena, per gentilezza verso noi pellegrini, anche se Clelio continua a definirci i brutti ceffi, la signora è aiutata nel portare le pietanze dalla giovane figlia, graziosa e di un sorriso solare. La ragazza prova ad intavolare una conversazione, non conosce l'italiano e, quindi, chiede se “abliamo” lo spagnolo. Tra noi commensali corre uno sguardo d'intesa e senza esitazione indichiamo in Francesco il giusto interlocutore. Tale scelta non è casuale ma conseguenza di un episodio di cui si “narra” accaduto qualche mese prima; in Prefettura (tempio di Francesco) si presenta una peruviana, nessuno riesce a comprenderla fino al suo decisivo intervento premiato dalla Sud Americana con la seguente frase che lo riempì d'orgoglio (non so se smisurato):” finalmente ho trovato un mio connazionale!!”. Purtroppo non sempre la ciambella esce col buco e difatti lo spagnolo di Francesco s'inceppa: oddio! cosa fare? Per superare l'evidente imbarazzo, la ragazza afferma di conoscere l'inglese; come fulmine, Francesco, toccato nell'orgoglio, con la forza del suo “personal english” si lancia in un monologo descrivendo tutti i suoi precedenti viaggi spagnoli (che oramai si perdono nel passato remoto) e i recenti pellegrinaggi. Per nostra grazia è l'ora di ritirarsi. A domani. Mi concedo un passo indietro per registrare che, prima del commiato, alla signora chiediamo se è possibile usufruire, l'indomani, di uno strappo in macchina per un tratto di circa 15km fino alla località di Artieda, per evitare di percorre il giorno seguente il mostruoso tappone di 48km. Essendo noi in cinque la signora è dispiaciuta, non dispone di un'auto adeguata, e così contatta un taxi (pulmino da 9 posti) per la mattina seguente informandoci che alla guida del mezzo di servizio ci sarà la “chica” (traduci ragazza) Elena e raccomanda di arrivare l'indomani sera al più presto al rifugio previsto poiché intorno alle 18.00 è prevista una “búfera” (con accento tonico sulla u).